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Santa Cruz, porta delle Galapagos

04.01.2012 // I viaggi di ...

galapagos

Con alcuni colleghi latinoamericani arrivo a Santa Cruz, “porta delle Galapagos”, dopo un volo di linea da Guayaquil fino all’isola San Cristobal e da qui, con un’ “avioneta”,  all’isolotto di Baltra, da cui traghettiamo il canale che ci separa da Santa Cruz.

La giornata alterna nuvole e un pallido sole, ma quando il pulmino messoci a disposizione  dal  Gobierno Municipal ci porta a visitare Los Gemelos, due piccoli crateri adiacenti, a un’altitudine di circa 800 metri , l’ambiente e il clima cambiano repentinamente. Lasciato il paesaggio arido che abbiamo attraversato, ci ritroviamo immersi in una fitta nebbia che vela la foresta che improvvisamente chiude l’orizzonte, quasi impedendo la vista dei crateri, dai quali spuntano le cime di altri alberi. Fa un freddo pungente, l’umidità si insinua sotto  le leggere magliette estive e corriamo a ripararci all’interno del pulmino.

Per fortuna a Puerto Ayora, l’unico centro abitato di Santa Cruz e uno dei pochi di tutto l’arcipelago,  la temperatura è decisamente migliore e, lasciati i bagagli in albergo, possiamo iniziare subito la visita alla Riserva delle Tartarughe Giganti.  Sembra che ci guardino con indifferenza, stanche di tanti sguardi curiosi. Restano immobili,  lasciando intravedere piccole teste seminascoste da enormi zampe ungulate. Per tutto il tempo in cui ascoltiamo le spiegazioni della guida non si muovono, quasi aspettando che ce ne  andiamo.
Sono veramente enormi, impressionanti. Non ci sono visitatori e la  solitudine, l’atmosfera di quel luogo particolare nel grigiore di una giornata che si è stabilizzata su un cupo cielo nuvoloso, tutto concorre a darmi l’impressione di trovarmi in un tempo preistorico, in cui forse non era strano incrociare  lo sguardo  con animali così strani e giganteschi.

Continuiamo la visita percorrendo un sentiero  che ci conduce a una stretta spiaggia, dove la sabbia bianca si alterna a rocce nere sulle  quali si confondo le iguane marine, più piccole  e scure di quelle terrestri. Solo un guizzo le  fa individuare dai sassi  di  pietra lavica. Sulla via del ritorno  ci fermiamo a osservare alcuni cactus particolari, con un tronco ricoperto da una scorza rossiccia che  racchiude un delicato interno formato da un reticolo membranoso.

Ma le  sorprese di Santa Cruz non sono finite. Ovunque in paese, tra i banchi del mercato del pesce, sugli alberi vicino alla riva, perfino sulla  terrazza di un albergo che si affaccia sul mare, pellicani dall’aria grave e sule dalle incredibili zampe di un vivace colore azzurro si mescolano numerosi ad altri uccelli. Nessuno pare temere la presenza umana.  Perfino le otarie che nuotano tranquille nelle fredde acque dell’oceano, facendo sporgere le piccole teste dagli occhi curiosi, non disdegnano un riposo in terraferma, magari sdraiandosi sulle panchine da cui allontanano i turisti con sbuffi indignati.

E sulle rocce bagnate dal mare, coloratissimi granchi di un incredibile rosso acceso si alternano a specie più piccole, grigie o  di un elegante colore nero che li confonde con gli scogli lucidati dall’acqua.

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Paese: Ecuador
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