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Il Museo di Antropologia di Città del Messico

17.06.2011 // Cultura

museo antropologia città del messico

Il Museo di Antropologia di Città del Messico è un luogo davvero speciale, che suscita la sensazione, veramente unica, di trovarsi in una zona di confine, quasi sospesi in un momento del tempo tra due mondi, quello di un passato maestoso e quello del presente.

Tutto qui parla dell'antica civiltà azteca e il centro storico della capitale è un continuo richiamo al passato, che trova il suo punto di maggior fascino proprio nel Museo de Antropologia, uno dei più belli al mondo, situato nel bosco di Chapultepec (la collina delle cavallette), una vasta area verde interna alla città. La sua vastità ne rende impossibile la visita in una sola giornata ed è proprio qui che il passato e la modernità del Messico, tutto l'arco della sua storia e della sua cultura, si uniscono con un risultato stupefacente. Qui infatti sono rappresentate tutte le principali culture preispaniche e anche chi non si sente particolarmente attratto dai musei troverà molti motivi di notevole interesse, tra i quali la sua realizzazione architettonica.

La struttura del Museo di Antropologia è quella di un edificio raccolto intorno a un ampio patio centrale, riparato da un'imponente struttura con forma ad ombrello (la sombrilla o paraguas) e con un bacino che riceve l'acqua che scende dall'alto. Il primo impatto del visitatore è questa vera e propria opera d’arte, cui ne seguiranno altre, innumerevoli ed emozionanti. Impossibile descrivere tutto quello che è raccolto nelle 20 sale che su due piani raccontano la storia antica e quella recente dei popoli indigeni messicani.

Al piano inferiore sono raccolti preziosissimi reperti (non solo oggetti ma veri e propri monumenti) delle culture preispaniche, suddivise per sale, cui corrispondono al piano superiore le sale relative alle stesse popolazioni attuali. E’ in questo museo che si trova il famosissimo Calendario Azteco, o Piedra del Sol, un disco di pietra di ben 24 tonnellate, con incisi i simboli cosmici. In onore degli antichi abitanti della regione, all’entrata del museo, come suo elemento di identificazione, sopra una fonte è posta la statua di Tláloc, dio dell’acqua.

Bellissimi allestimenti, estremamente scenografici, portano il visitatore in un viaggio fantastico attraverso le epoche e le civiltà, toccando con mano le grandi pareti affrescate, i bassorilievi con le figure mitologiche che ornano i muri ciclopici della piramide di Xochicalco o a fronteggiare un enigmatico Atlante della città di Tula o una enorme e misteriosa testa olmeca. Di fronte a tanta bellezza (ma ricordiamoci che nelle antiche culture l’arte plastica non aveva un valore puramente estetico ma esprimeva profondi significati simbolici), pare più che doverosa l’iscrizione che accoglie il visitatore: “Frente a los testimonios de aquellas culturas el México de hoy rinde homenaje al México indígena” (Di fronte alle testimonianze di quelle culture, il Messico di oggi rende omaggio al Messico indigeno).

Ma come è nato questo straordinario museo? La sua origine è tanto particolare da non deludere gli amanti dei racconti d'avventura, oltre che gli appassionati di storia. Tutto ebbe inizio... in Italia. Fu infatti nell'anno 1698 che a Sondrio nacque Lorenzo Botterino. Di umile famiglia ma intenzionato a fare una carriera intellettuale e politica niente meno che alla corte dell'imperatore Carlo VI d'Austria, il giovane modificò il nome in Boturini, una famiglia della nobiltà veneta e da allora in poi si firmò Lorenzo Boturini Benaduci, Señor de la Torre y de Hono, cavaliere del Sacro Impero Romano.

Dopo infruttuosi tentativi di introdursi a corte, partì per il Messico dove, spinto dalla devozione per la Vergine di Guadalupe e desideroso di trovare documenti che attestassero il miracolo della sua apparizione, iniziò a raccogliere testimonianze indigene, riuscendo a costituire una importante collezione di circa 300 tra oggetti e documenti, scritti in spagnolo, nahuatl e altre lingue indigene. La sua collezione, dopo le molte peripezie del suo creatore, imprigionato perché emigrato in Messico senza l'autorizzazione del Consiglio delle Indie, rimpatriato forzatamente e catturato dai pirati a Gibilterra prima di arrivare a Madrid dove morì, fu confiscata dalla corona spagnola e al fine '700 depositata presso la Real y Pontificia Universidad de México.

A Madrid, prima di morire, scrisse una storia del Messico antico e in riconoscimento dei suoi meriti la biblioteca della Basilica de Nuestra Señora de Guadalupe oggi porta il suo nome.

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Paese: Messico
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